Eh pare facile.
Tutti a straparlare che bisogna iniziare a "Dire di NO!" ai bambini, sin da piccoli: così si abituano.
Tutti, da Crepet a Crepot, da supertitolati a garzoni di bottega, da superpubblicati giornalisti ad anonimi sui social: certi. Sicuri. Incontrovertibilmente assolutamente arditi nel confermare un solo concetto: se abituiamo i bambini sin da piccoli a ricevere dei "NO!", avremo degli adulti empatici, capaci di accettare un diniego, umili e sicuramente virtuosi.
Ѐ la mentalità dei corsi di "educazione sessuale", delle lezioni contro il "bullismo", delle ammonizioni educativamente civiche sul "cyberbullismo". Tutti certi che gli esseri umani siano dei cani da addestrare: campanellino-pappa-saliva... alla Pavlov maniera, insomma.
Ma è ovvio: si fa prima.
Tu prendi neonato.
Tu fai piangere finchè neonato non dorme.
Tu insegnato neonato a dormire.
Tu scrivi lavagna lettera "A".
Tu fai scrivere a casa 50 volte lettera "A".
Bambino imparato a scrivere.
Tu dai ordine.
Se bambino obbedisce dai smartphone.
Se bambino non obbedisce togli smartphone.
Bambino imparato a obbedire.
Ma certo: perchè gli esseri umani funzionano come gli animali: d'altronde è questo che ci hanno insegnato.
La disfunzionalità di certe considerazioni pseudopedagogiche mi fa sbellicare dalle risate: siamo capaci di addestrare un neonato a non sentire il bisogno di essere accudito, coccolato, seguito nei primi passi, abbracciato, sbaciucchiato, soccorso dando bacini sulla bua... tutto perchè deve diventare indipendente, autonomo e indisturbante, possibilmente deve starsene fuori dalle palle tra asili nido, nonni, tate, attività pomeridiane. Ovviamente con buonapace della 'sindrome di Bandura' ovvero disimpegnandosi moralmente: "Eh ma altrimenti si vizia" oppure "D'altronde io devo lavorare" o ancora "Lo devo fare per il suo bene" e via via pedagogianeramente zampettando.
Se poi per compensare il bisogno di stare in braccio gli viene consegnato ogni gioco che vuole e gli viene consentito l'uso di smartphone così mamma e papà (o genitore 1, 2, 3 o 4) possono cenare in santa pace, allora ecco spuntare il dramma del senso di colpa: poveri genitori, in qualche modo devono anche loro concedersi la pizza ogni tanto.
Se poi per compensare il bisogno di stare in braccio gli viene consegnato ogni gioco che vuole e gli viene consentito l'uso di smartphone così mamma e papà (o genitore 1, 2, 3 o 4) possono cenare in santa pace, allora ecco spuntare il dramma del senso di colpa: poveri genitori, in qualche modo devono anche loro concedersi la pizza ogni tanto.
Neonato e poi bambino che, sempre più spesso, viene messo al mondo con tutte le desiderabilità del caso: è suo diritto, se giunto inaspettatamente, di essere abortito. Quindi quando è messo al mondo perdinci è proprio fortunato. Certo che poi, una volta giunto, munito di tutta l'oggettistica possibile, non può anche pretendere di essere educato con amore, accolto con tenerezza, aiutato a maturare con dolcezza.
Quindi istruiamo un essere umano sia a ricevere dei "Sì" con lo scopo che non disturbi o distolga gli adulti di riferimento (i cosiddetti caregiver che possono essere esseri umani con gradi di parentela assurdi) dai loro mille impegni, sia a ricevere dei "NO" a caso, solo con lo scopo di imporre il proprio ruolo adulto.
Per esempio?
Va bene: farò una serie di esempi.
Sono un neonato: ho bisogno di essere accolto con dolcezza e amorevolezza.
No: tu devi stare nella carrozzina perchè tutti devono vedere che stai giù e sei bravo perchè ti addormenti da solo.
Sono un neonato ho bisogno di essere toccato, coccolato, tenuto in braccio, asciugato, lavato, baciato.
No: così ti vizi e ti abitui al contatto fisico. Tu devi stare nel tuo lettino che è tanto bellino perchè ...e qui ci sono milioni di parole e giustificazioni: "La vita è sofferenza", "Devi educarti alla virtù", "Mamma e papà devono rafforzare il loro matrimonio copulando", "La mamma ha *l* nuov* partner con cui dormire", "Lo devi fare per il tuo bene così dopo capisci come diventare indipendente"... e altra paccottiglia sgradevole...
Sono un bambino piccolo: necessito di essere educato a capire le mie emozioni e a gestirle. Non posso farlo da solo perchè i miei genitori (soprattutto se maschio e femmina) sono il mio specchio, il mio mondo, la mia relazione primaria.
No: tu devi adattarti a ogni tipo di famiglia nella quale nasci, dimostrando assoluta felicità per tutto quello che possiedi e che ti viene dato. Soprattutto la gratitudine è verso la scuola scelta. In seconda istanza, per ciò che attiene l'educazione, fai la cortesia di imparare tutto quello che ti viene DETTO e di autoeducarti senza fare troppe domande. Circa le coccole e il bisogno di contatto, cerca di fare da solo: la masturbazione non fa diventare ciechi (tanto non c'è nulla di male).
Sono un bambino verso la pubertà: ho bisogno di conoscere il mio corpo e quello dell'altro sesso. Capire come funziona e come gestire gli impulsi emotivi. Voglio sapere di più sull'amore, su cosa sia il sesso e su cosa vuole dire relazionarsi. Voglio amicizia ma anche affetto... Ho bisogno ancora di attenzione e di avere una guida sicura. E, soprattutto, ho bisogno di un buon esempio: non perfetto, ma buono.
Ho bisogno di una famiglia il più possibile unita, di non essere strumento di odio tra i miei genitori.
No: tu vai a scuola e lì devi imparare tutto. E fai il piacere di andare bene, di portare voti buoni. Questo significa che devi ripetere pedissequamente quello che ti viene detto. Per il resto devi imparare a fare da solo: del resto ci sono i medici e gli psicologi. Hai tutto: persino la WII: fai il favore di non disturbare. Non vorrai mica farmi sentire in colpa, no?
Sono un adolescente: ti voglio lontano, ma vicino. Voglio amici, ma ci tengo ancora ad avere il tuo affetto. Voglio libertà, ma ho bisogno che mi ascolti. Cerco l'amore, ma ho bisogno del tuo aiuto per capire se va bene così o no.
No: io ho da fare. Ormai sei grande. Hai tutto ciò che pretendi. Il mio compito è finito. Sbagli? E va bhe, che vuoi che sia?
Per chi volesse ampliare questo discorso: qui il mio vecchio articolo.
Sono un adolescente: ti voglio lontano, ma vicino. Voglio amici, ma ci tengo ancora ad avere il tuo affetto. Voglio libertà, ma ho bisogno che mi ascolti. Cerco l'amore, ma ho bisogno del tuo aiuto per capire se va bene così o no.
No: io ho da fare. Ormai sei grande. Hai tutto ciò che pretendi. Il mio compito è finito. Sbagli? E va bhe, che vuoi che sia?
Per chi volesse ampliare questo discorso: qui il mio vecchio articolo.
Per non parlare di: solitudine durante la famigerata e abominevole 'didattica a distanza'; l'abbandono del proprio ruolo educativo di fronte all'educazione affettiva; l'assoluta impossibilità di sviluppare spirito critico nelle scuole dove istruiscono adulti ideologizzati e ignoranti; l'orribile esempio quotidiano fornito da adulti che vivono i social come fossero la vita reale; la disgustosa prosopopea verso la sessualità svenduta come ovvio mezzo di libertà; la corruzione di ogni impegno familiare ipocriticamente distrutto da una cultura solipsistica e masturbatoria...
Tutti questi "NO" li diciamo noi nei loro confronti.
Tutti questi "NO" alla serenità, alla curiosità, al coraggio, alla responsabilità, glieli mettiamo di fronte con serena coscenza e certezza di essere dalla parte della Ragione, dimentichi di ciò che eravamo e di ciò di cui avevamo bisogno noi. Perchè dopo aver raggiunto l'età adulta ci siamo voltati e abbiamo pronunciato il solenne giuramento: "Adesso tocca a me godere del potere". Il potere di far soffrire, di imporre, di plagiare e spesso manipolare, di ingiungere e di obbligare con un unico scopo: l'avere la possibilità di farlo: frustrare un pochino questi bambini, mica che imparino alla gioia di essere accompagnati alla vita. Il calvinismo educativo funziona proprio così: siccome la vita è sofferenza, tanto vale che impari ad averci a che fare... non vorremmo mai che tu superassi gli ostacoli più duri con serenità e sapendo di non essere solo di fronte alle durezze della vita.
Sono esagerata? No - per l'appunto.
Da mesi e mesi, soprattutto in attinenza cosa sta succedendo ai giovani (e alle giovani) si sentono mostruosità enormi che partono sempre con un pregiudizio: il mondo adulto ha ragione, i giovani hanno torto.
Eh no, miei cari.
Tutta la gibbosa e globosa supponenza del mondo adulto, frustrato da una cultura materialista e comportamentista, ha smesso di sentire il peso del proprio ruolo educativo andando a concimare il terreno del 'farsi gli affari propri perchè tanto ci pensano gli altri'. Dall'altra parte ecco la spada di Excalibur dei moralisti-pedagogisti-specialisti che sanno bene loro che ai giovani serve durezza, rigidezza, severità: costoro riempirebbero le scuole di signorine Rottermeier intrise di secchezza perineale, in contrapposizione con le giovannedarco veterofemministe che al posto del Teorema di Euclide parlano del diritto di aborto (non sto scherzando: ci sono davvero insegnante statali che fanno questo). Il risultato è una sorta di molliccio mutaforma che invade la vita dei giovani attraverso schermi luminescenti e li trasforma in pessimisti cosmici impossibilitati a provare un briciolo di empatia per il prossimo.
Soluzione?
Nulla di più facile.
Spostare la luce verso la dolcezza, la cura, l'ascolto, lo sguardo ampio, l'essere guida umile e compassionevole.
Iniziamo a dire "Sì" ai nostri bambini: sì alle coccole, sì al tempo assieme, sì agli abbracci, alla tenerezza, al riconoscere i propri errori di adulti stanchi.
Da mesi e mesi, soprattutto in attinenza cosa sta succedendo ai giovani (e alle giovani) si sentono mostruosità enormi che partono sempre con un pregiudizio: il mondo adulto ha ragione, i giovani hanno torto.
Eh no, miei cari.
Tutta la gibbosa e globosa supponenza del mondo adulto, frustrato da una cultura materialista e comportamentista, ha smesso di sentire il peso del proprio ruolo educativo andando a concimare il terreno del 'farsi gli affari propri perchè tanto ci pensano gli altri'. Dall'altra parte ecco la spada di Excalibur dei moralisti-pedagogisti-specialisti che sanno bene loro che ai giovani serve durezza, rigidezza, severità: costoro riempirebbero le scuole di signorine Rottermeier intrise di secchezza perineale, in contrapposizione con le giovannedarco veterofemministe che al posto del Teorema di Euclide parlano del diritto di aborto (non sto scherzando: ci sono davvero insegnante statali che fanno questo). Il risultato è una sorta di molliccio mutaforma che invade la vita dei giovani attraverso schermi luminescenti e li trasforma in pessimisti cosmici impossibilitati a provare un briciolo di empatia per il prossimo.
Soluzione?
Nulla di più facile.
Spostare la luce verso la dolcezza, la cura, l'ascolto, lo sguardo ampio, l'essere guida umile e compassionevole.
Iniziamo a dire "Sì" ai nostri bambini: sì alle coccole, sì al tempo assieme, sì agli abbracci, alla tenerezza, al riconoscere i propri errori di adulti stanchi.
"Sì" non è un apertura permissivista, è un abbraccio autorevole.