E perchè piangi?

 


«Mamma - mi chiede la Pantuffola mentre da ginnastica artistica torniamo verso casa - cosa vuole dire: "Ti supplico", cos'è "supplicare"?»

Succede, a volte, che fare la madre, significhi trovarsi in macchina, con la stanchezza che pervade le ossa. Succede, il più delle volte, che la giornata sia iniziata con una sveglia che ti tira giù dal letto un minuto dopo che ti sei coricata. 

Ti svegli con, in bocca, le medesime preghiere con le quali ti sei addormentata. Raccomandi la figlia distante migliaia di chilometri, e il di lei dolce fidanzato che ha deciso di accompagnarla per amore, solo per amore. Poi dedichi le preghiere al figlio grande che vive il primo lutto del gruppo di amici assieme all'amico appena diventato orfano di madre. Poi la figlia che cresce, che non hai idea di come far sentire amata al meglio. Poi il figlio che ha l'età per scegliere la strada da intraprendere nello studio. Infine la quaterna dei più piccoli, alle prese con piccole e grandi difficoltà (per lo più scolastiche, cosa che ti fa pensare che le tasse che il marito versa annualmente e che vanno dirette all'Istituzione della scuola statale, siano talvolta malriposte).

«Mamma, cosa vuole dire: "Ti supplico", cos'è "supplicare"?»

Lungi dal dare significati astrusi e adultizzanti al termine, condisco velocemente con una semplice spiegazione. Poi però mi sorge un dubbio: perchè mi fai questa domanda? 

«Mamma - risponde la cinquenne (sì, già cinque anni, santopiripillo) -, stavi dicendo "Ti supplico" a voce alta... Perchè lo fai?»

Qualche manciata di giorni fa, ho avuto la gioia meravigliosa di avere con me, a casa nostra, un nutrito gruppo di "Talentine" (chiamiamo così, in gergo, le partecipanti al percorso Talento del Femminile, che mi onoro di aver creato assieme ad altre amiche psicomunite con il semplice scopo di restituire un femminismo nuovo e antropologicamente cristiano alle donne), alcune delle quali si erano trascinate - a mo' di cani pastore - mariti e figliolame di variabile tonnellatura appresso. Paccate di verdure alla griglia, cosce di pollo, hummus e pane tostato, cocacola eccetera. Tutto quello che ogni famiglia era riuscita a portare. Avevamo coinvolto il grande DonEma, che si è felicemente reso disponibile per una Santa Messa in giardino con tanto di chierichetti. 

Il gruppo si era riunito dopo un lungo percorso formativo che scartravetra il cuore chi lo intraprende e chi lo partecipa a livello formativo come docente: sì perchè le donne che entrano nel Talento, lo fanno in punta dei piedi, temendo la solita scorta di lezioni frontali sul cosa vuol dire essere donna; ammonimenti per come essere brava figlia e/o brava madre; incasellamenti in ipotetiche check-list delle donne cattoliche; messa in discussione di ogni tipologia di scelta educativa presa per i propri figli... e via discorrendo. Quando invece la donna che partecipa al Talento (sia essa madre, o sia essa figlia) hanno di fronte il gruppo di donne in cammino, ogniuna di loro capisce che qui, nel Talento, nessuna donna insegna all'altra, ma tutte cercano qualcosa, tutte sono desiderose di capire e conoscere, e nessuna mai viene giudicata per alcuna scelta presa. Ogni vissuto è quello che è, ossia storia personale, dovuta alla vita, alle vicende personali. Ci sono attimi di condivisione, di riflessione, ma quello di cui si nutrono le Talentine, è spesso la presenza, anche a chilometri di distanza. Lo è per chi partecipa al Talento come 'corsista', ma lo è - dicevo poc'anzi - anche per chi porta un po' della sua materia, delle sue riflessioni. Personalmente ho imparato molto dalle donne che ho conosciuto da quando io e altre amiche, ci siamo inventate il percorso. Ho talmente imparato, che il mio libro è nato grazie alle questioni sollevatesi durante il percorso del Talento del 2024.

«Mamma, perchè quando dici "ti supplico", sento che piangi?»

Stare. Esserci. Tenersi per mano. Capire. Chiedere confronto e supporto. 

Fare questo in un mondo composto per lo più da donne che lottano e basta (ogni slogan che può venire in mente) e che spesso lottano tra loro, non è facile: uscire dall'ottica della vita performativa (tu sei più brava perchè lavori-hai sei figli-dici settordici rosari al giorno-fai la catechista-sei sempre disponibile ad ascoltare gli altri, io non ce la faccio neppure a dire una sola Ave Maria in 24 ore e ho solo un figlio), uscire dagli idealismi, uscire dalle convinzioni educative-religiose date dalla pervasività della Pedagogia Nera, non è facile.

Eppure il Talento lo fa. E lo fanno le Talentine che si conoscono prima sul gruppo whatsapp, poi capiscono dove si trovano le altre e, se sono vicine, iniziano a frequentarsi, scoprendo che non ci sono lotte, rivalità, giudizi, ma solo persone

«E come faccio a essere prossima?» mi chiedono, entusiaste, dopo il percorso. Dopo aver visto che in un gruppo dove c'è chi non ha figli e chi li ha, chi è sposato e chi no, chi manda a scuola i figli e chi no, chi sta a casa e chi lavora, e dopo aver constatato che questo non frega niente a nessuno perchè ciò che importa è il camminare insieme, ascoltandosi e supportandosi, si focalizza un fatto fondamentale: posso essere prossima quando trovo il mio centro, quando riesco a dire "Sì" quando veramente desidero farlo e "No" quando è proprio una cosa che non mi sento. Riesco a prestare attenzione all'altro se prima ho dato attenzione a me e chi mi è più prossimo - genitori anziani, figli, marito e me stessa - cercando di 'vedere' l'altro per ciò che è: una persona imperfetta che camina al mio fianco. 

«E perchè piangi?» mi domanda ostinatamente la piccola...

Dopo la pubblicazione di questo veloce scritto, nel quale avvisavo con gentilezza Berlicche di farsi un giro da un'altra parte, i messaggi che ho ricevuto sono stati davvero tanti. E tutti di madri, di figlie, di nonne... di donne stanche, dolenti, affrante, ma - diamine!! - non sole! Donne che vedono il loro infinito amore con il quale si sono completamente donate all'Altro (figlio, nipote, marito, padre e/o madre) concretizzarsi e cristallizzarsi in modo definito, chiaro, diafano, per il Bene verso il quale pregano ostentatamente.

E da quando c'è il Talento, altre donne, oramai più di 110, hanno condiviso preghiere, emozioni, racconti, difficoltà, opinioni, senza mai mostrare superbia, pusillanimità, biasimo verso l'altra. E lo hanno fatto per Amore. 

«E perchè piangi?» insiste la Pantuffola...

«Piango perchè amo. Piango perchè l'Amore infinito che provo per voi mi riempie talmente il cuore che scoppio. Piango perchè non sono sola e di questo sono grata» avrei voluto risponderle. Poi mi ricordo che ha cinque anni e le rispondo solo «Perchè quando si vuole bene, talvolta si ha bisogno che Qualcuno ci dia una mano».

La Pantuffola non retrocede di un passo: «Qualcuno tipo Gesù, no?» risponde chiudendo la conversazione in modo definitivo, con un tono ovvio di chi, dall'alto del metro e trenta, la sa lunga.